Milano, 28 gennaio 2020 – “Il taglio delle tasse da tre miliardi stabilito dal governo e’ positivo ma su questo fronte serve una riforma complessiva” . Così la Segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, oggi a Milano, a margine del consiglio generale della Cisl Lombardia, spiegando che dopo l’incontro di ieri sulle pensioni, Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto di aprire subito il tavolo sul fisco per una ‘riforma a tutto tondo’ che metta in discussione anche Irpef e Iva.
“Abbiamo portato a casa dopo un anno di mobilitazione tre miliardi a favore delle buste paga dei lavoratori sul cuneo fiscale ma questo ovviamente non basta. Abbiamo bisogno di creare uno Stato fiscale molto più equo”. E per finanziare eventuali interventi Furlan ribadisce la necessità di prevedere “una lotta vera, senza frontiere, al cancro del Paese che è l’evasione fiscale. È qui che va fatto un lavoro molto serio”. A chi le chiedeva cosa intendesse per rimodulare l’Iva, la Segretaria generale della Cisl ha poi precisato: “Non sono assolutamente contraria ad aprire un confronto a tutto campo sul tema Iva. Però bisogna capire se nella rimodulazione il carrello della spesa diminuisce o cresce, perché se aumenta l’Iva sui beni di lusso non sono preoccupata, ma lo sono se non diminuisce contemporaneamente sul carrello della spesa delle famiglie”. Diverso per Furlan è il caso di nuove tasse sulle rendite finanziarie. Negli anni della crisi, “per pochi che hanno accumulato ricchezza molti hanno dovuto utilizzare risparmi di una vita. Bisogna creare le condizioni per cui ci sia un peso minore del fisco sugli stipendi e sulle pensioni – aggiunge – e magari si alzi un pò di più la tassazione sulle rendite finanziarie distinguendo tra chi investe in Bot, CCt o Titoli di Stato dai tanti speculatori finanziari che hanno una tassazione delle rendite molto bassa, nemmeno la metà del lavoro”.
E sulle pensioni: “con l’incontro di ieri è stato ufficialmente aperto questo tavolo di confronto assolutamente significativo e importante. Noi riprendiamo ovviamente la piattaforma che abbiamo presentato unitariamente come Cgil, Cisl e Uil. E riprendiamo anche il filo del percorso che già con il governo Gentiloni c’eravamo dati. Quindi l’avvio immediato delle due commissioni, quella per esaminare scientificamente la gravosità di tutti i lavori e quella per separare assistenza e previdenza, poi l’apertura di tavoli tematici molto significativi e importanti, come creare una pensione di garanzia per i giovani, perché non possiamo arrenderci, visto la discontinuità del loro lavoro, a futuri pensionate e pensionate poveri”.
Tra le priorità per la leader della Cisl “discutere finalmente in modo chiaro di flessibilità di uscita. E su questo abbiamo fatto proposte credo molto chiare: innanzitutto dopo 41 anni di lavoro e di contributi, la possibilità di andare in pensione, a prescindere dall’età. Iniziare poi a discutere della flessibilità in uscita dai 62 anni, senza ovviamente ripercussioni di conteggi delle pensioni che siano assolutamente negative per i lavoratori e le lavoratrice. A questo proposito ricordo che oltre un quarto dei pensionati oggi è sotto i 1.000 euro, quindi di questo si deve assolutamente tenere conto”. Tra gli altri punti la risposta alle donne lavoratrici: “La nostra proposta è un anno di contributi per ogni figlio di una donna lavoratrice. La maternità è una bene sociale, non è soltanto una scelta individuale della persona. Ovviamente – ha ricordato Furlan – c’è poi tutto il tema della rivalutazione delle pensioni: i nostri pensionati sono tanti tanti anni che non vedono rivalutata la loro pensione Come credo si debba immediatamente aprire anche il confronto sul percorso della legge per la non autosufficienza, sapendo che peraltro questa grava totalmente oggi sulla famiglia italiana e non riguarda solo gli anziani”.
Furlan torna poi sulle “troppe” vertenze che “giacciono sul tavolo del Ministero dello Sviluppo Economico: parliamo di oltre 150 crisi che non hanno trovato ancora un loro sbocco e un loro percorso”. Per questo “credo che uno dei temi, una delle priorità di discontinuità rispetto al passato debba essere il rafforzamento del ministero con competenze adeguate e creare condizioni per trovare soluzioni alle crisi”.
Il salario minimo? “Abbiamo detto con grande chiarezza ciò che pensiamo del salario minimo per legge, soprattutto se qualcuno prefigura di attribuire alla legge il fissare la paga orario per il salario minimo. Noi riteniamo che nel nostro Paese abbiamo l’85% dei lavoratori e delle lavoratrici che oggi sono coperti dai contratti nazionali delle nostre categorie, che vanno ben oltre le cifre prefigurate dal salario minimo. Perché il tema non è soltanto la paga oraria, ma è il diritto alla formazione, è la quattordicesima, sono le ferie, è il diritto alla malattia, è il welfare contrattuale, è il contratto integrativo aziendale e territoriale. Quindi noi rischiamo che addirittura si abbassino alcuni contratti e di conseguenza gli stipendi. Poniamoci invece il tema – ha proposto Furlan – di come possiamo coprire con tutele contrattuali quel 15% di lavoratori e lavoratrici che oggi non hanno la copertura del contratto nazionale. Su questo alcune sentenze ci aiutano: penso ad esempio alla questione dei rider. Che la magistratura abbia definito quando sono lavoro dipendente e abbia anche detto che non è vero che non c’è contratto di riferimento – quello della logistica firmato dalle categorie dalla Cisl, dalla Cgil e dalla Uil – può aiutare molto in un percorso che dia risposte a questi lavoratori e queste lavoratrici”.
Si è infine espressa sulla questione autostrade, sulle ricadute occupazionali con l’eventuale revoca delle concessioni autostradali e sulla inadeguatezza del sistema infrastrutture del Paese: “Una cosa è certa: chi doveva controllare, chi doveva manutenere non ha fatto il suo lavoro. Basta vedere come le infrastrutture italiane sono assolutamente non solo inadeguate, ma spesso anche pericolose per capire che ci vuole un intervento molto forte di recupero della sicurezza nelle infrastrutture esistenti, ma anche nel realizzarne di nuove. Abbiamo il sud del nostro Paese che non è minimamente collegato in modo adeguato con il nord. E dobbiamo poi collegare meglio il nord con tutta l’Europa, in un Paese che, nonostante la crisi, ha visto peraltro crescere la capacità di esportazione. Quindi il tema delle infrastrutture è nodale e molto serio e non può essere continuamente accantonato e andare avanti così come siamo. Non è più possibile”.
“Mi sembra che il governo stia ancora discutendo dopo tanto tempo su cosa fare. Ritengo che chi ha sbagliato deve pagare. E siccome ci sono danni economici per il Paese, ma soprattutto persone che sono morte, ad esempio nel crollo del ponte Morandi, la giustizia deve fare il suo corso e chi ha sbagliato deve pagare. Altro è porsi il tema se un’azienda fallisce che fine fanno i 20.000 lavoratori e lavoratrici che lavorano in questa azienda. Quindi credo che la cosa sia seria e vada analizzata seriamente”.